lunedì 24 settembre 2012

VI RACCONTO UNA STORIA ...

Iniziamo questo cammino con un po' di speranza. In attesa di commenti e richieste buona lettura.


C'era una volta un re...no, questa storia non comincia così, non parla di re e regine ma forse una magia si compie ugualmente.

Alì ha otto anni e la sua pelle scura, i grandi occhi nocciola risaltano sulle lenzuola bianche dell'Ospedale. Viene da un piccolo paese dell'Africa e ha la leucemia. 
Ha già perso molto tempo da quando la malattia è stata scoperta: il suo paese, troppo povero, non riesce a rimborsare le spese sanitarie della grande nazione europea a cui si appoggia e Alì è rimasto là col suo male che gli divora il sangue. 
E' passato un medico italiano: a Monza c'è un reparto all'avanguardia per la cura delle leucemie infantili, qualcuno pagherà. 
Così ci conosciamo: lui piccolo, estraneo, in un mondo sconosciuto si aggrappa al padre che partirà domani; se non torna a casa gli altri fratelli e la mamma non sapranno come vivere. Io sono un dottore che non fa le punture: Alì ti ho portato un papà e una mamma che ti vorranno bene fino a che non potrai tornare a casa.
Il suo viso resta triste, lo sguardo va all'uomo alto e magro a fianco a lui che lo tiene per mano: questo è mio padre e se ne andrà domani, a casa, con tutti gli altri! Forse sono stato troppo cattivo! 
Un bambino non è mai troppo cattivo, ha solo bisogno di aiuto ma Alì ancora questo non lo sa.

Marta e Roberto si alternano nella sua stanzetta giorno e notte aiutati, a volte, da Marina e Giulio, i loro due figli già grandi; si scambiano i camici, le mascherine. La febbre non scende, gli esami vanno male. A casa, la stanza che hanno preparato per lui resta vuota a lungo.
Io torno in Ospedale due volte alla settimana, parliamo in francese, la lingua ufficiale del suo paese; parliamo di casa, di mamma, dei fratelli; parliamo qualche volta delle sue rabbie, dei suoi desideri prepotenti, della vita di là, dei compagni.
Una mattina di Aprile ancora fredda ma luminosa Marta mi chiama:: "Possiamo andare a casa, il secondo ciclo di chemioterapia è finito e Alì sta meglio". La primavera è in arrivo ma la strada è ancora lunga e difficile.
A casa di Marta e Roberto Alì può riprendere i contatti oltre che con la vita con il suo paese: un bel poster sopra il suo letto, alcuni documentari che Roberto ha cercato in cineteche specializzate, qualche ricetta tradizionale africana... non è “casa” ma c'è tanto calore e Alì può iniziare a fidarsi. Ogni tanto può rifugiarsi nelle braccia confortevoli di Marta, fare un po' di lotta, senza paura, con Roberto. A Marina e Giulio è più difficile avvicinarsi ma loro hanno i loro amici, l'Università, la loro vita; così Alì può godere di essere un “figlio unico” un po' speciale.
Non mancano altri momenti difficili: quando inizia a frequentare una scuola così diversa dalla sua nella quale si sente un marziano; quando a casa, quella vera, nasce un altro fratellino; quando nelle telefonate li sente tutti uniti, insieme e tanto lontani....
Finalmente esplode la rabbia per il suo esilio dorato, la sua esclusione, la malattia che lo fa sentire un figlio di serie B, la paura di essere rovinato per sempre e forse... di morire.

L'estate si avvicina e la leucemia regredisce, siamo tutti pieni di speranza. Nel caldo pomeriggio di fine giugno Marta e Roberto arrivano all'appuntamento molto arrabbiati:. "Dottoressa non ci dica che non dobbiamo farlo perché questa volta accettiamo!" è il grido di Marta che mi chiede così di aiutarla invece ad essere ragionevole. "I genitori di Alì vogliono che noi lo adottiamo, ce lo hanno detto ieri e sopratutto lo dicono chiaramente a lui ogni volta che gli telefonano!". Nel tono della sua voce tutto il dolore di Alì nel sentire quello che sembra un rifiuto, l'essere buttato del tutto e per sempre fuori dalla famiglia, dalla casa, dal paese, dalla sua vita.
I dottori che non fanno le punture hanno spesso dei compiti delicati e difficili e nella lunga telefonata di chiarimento con la famiglia “africana” emerge una realtà ancora più triste e dolorosa. La mamma e il papà di Alì non sono dei mostri senza sentimenti, vivono in un paese dove manca tutto e dove due stipendi bastano a malapena, e non sempre, a far mangiare tutti. Alì ha avuto una fortuna incredibile! Separarsi da lui significa permettergli e offrirgli un futuro che loro non potranno mai dargli, una vita che loro non potranno mai fare. Non possono buttare via questa occasione!

Alì è tornato a casa perché i papà e le mamme che vogliono bene non si perdono mai. Per molti anni è tornato in Italia: per essere curato, per le vacanze, per gli studi superiori.

Il 16 dicembre, dopo una laurea triennale in lingue e multiculturalità si è laureato in Scienze Politiche.



24 settembre 2012                                      Donatella Fiocchi





Nessun commento:

Posta un commento