mercoledì 24 ottobre 2012

ALLONTANARE UN BAMBINO DALLA SUA FAMIGLIA: SI PUO' ?


Vorrei fare qualche considerazione in più sulla vicenda di Leonardo, il bambino allontanato dalla mamma con cui viveva e portato via dalla polizia. 

Appena il fatto accade tutti i giornali e le televisioni sono pieni di immagini, di recriminazioni, di pareri indignati. Tutti hanno una loro ricetta, difficilmente viene visto il complesso quadro di relazioni, persone, comportamenti, leggi, che sta dietro a questo ultimo atto. L’emozione suscitata dalla scena messa in prima pagina offusca tutto, anche la capacità di pensare. Poi tutto svanisce e nessuno si chiede più niente fino alla prossima vicenda simile o similare che suscita analoghe emozioni.

Non si può tollerare il dolore, ancora meno se ci pare che coinvolga bambini e sembra che la soluzione ideale sia quella di pensare che i bambini non soffrono mai e per questo è sufficiente che stiano con i loro genitori naturali: staranno bene senz’altro. Alla notizia che un bambino viene allontanato dalla sua famiglia,  dalla madre, o dal padre, tutti insorgono, si ribellano, tornano a galla inconsapevoli antichi bisogni e nessuno si chiede: ma quella mamma, quel papà, quella famiglia sono in grado di far bene il loro compito? Sono sufficientemente capaci di aiutare il o i loro figli a crescere sani?

Perché ormai si sa, anche se è una acquisizione abbastanza recente (una trentina d’anni o poco più), che le persone crescono sane grazie anche alla capacità dei genitori. Certo è ancora molto difficile pensarlo, e ogni volta che si parla di un bambino e di una famiglia, senza accorgercene, ognuno di noi pensa alla propria famiglia, ai propri genitori, ai propri fratelli. Sì, certo si litigava, molte volte abbiamo forse pensato “fortunata la mia amica Maria che ha una mamma così dolce; beato il mio amico Luigi che ha un papà che gli fa fare quello che vuole, ecc.” ma poi se o quando abbiamo pensato di doverli lasciare lo strappo sembrava intollerabile.

Purtroppo non per tutti le cose stanno così.

In tanti anni di lavoro con le famiglie si è scoperto che il mondo degli affetti è davvero ingarbugliato: ci si vuole bene ma questo non basta per andare d’accordo; si mettono al mondo dei figli ma questo non basta a permetterci di saper fare i genitori, si crea una famiglia ma questo non basta a farla funzionare in modo che chi ne fa parte stia bene. Ci sono genitori che per tante ragioni non hanno potuto essere figli e come possono avere imparato com’è un genitore? Ci sono adulti ancora pieni di necessità e bisogni, come possono occuparsi dei bisogni di qualcun altro, pure se loro figlio?

Ma i piccoli non possono aspettare, così, anche se difficile bisogna che qualcuno si carichi questo dolore: quello di un bambino che sta male perché non riceve quello che gli serve e quello di un genitore che sta male perché sente che non riesce a dare al figlio quello che dovrebbe. Bisogna che qualcuno pensi a loro, capisca cosa succede, pensi a  una soluzione, abbia la forza di metterla in pratica.

Ma chi è questo qualcuno? Questo genitore supplente che può farsi carico di tutto ciò?

Per la mia esperienza è un peso equamente diviso fra Giudici del Tribunale per i Minori e Psicologi e Assistenti Sociali dei Servizi, un compito duro e difficile che richiede una grande preparazione, molto supporto e condizioni di lavoro che la politica non offre mai.

Così accade che ci siano i Leonardi portati via dalla polizia e che i cittadini di domani invece di crescere sani vadano a ingrossare le file della fascia più disgraziata della società: delinquenti, malati mentali, drogati.

Molto si potrebbe fare ma chi dovrebbe creare le condizioni per farlo non se ne occupa.

Milano 24 ottobre 2012                                  Donatella Fiocchi

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