"Conforto
controllato - Addestrarli al sonno si può":
questo il titolo dell'articolo apparso sul Corriere
della sera sabato 22 settembre a
proposito dei risultati di uno studio pubblicato su "una
delle riviste scientifiche più prestigiose a livello internazionale
dedicate alla pediatria" e avente
come oggetto il comportamento dei genitori di un piccolo al momento
del sonno. Ci si sente intimiditi anche solo di fronte al nome di un
periodico di tanto prestigio e fama e quindi un genitore, soprattutto
se alle prime armi, sarà incline a seguirne le indicazioni alla
lettera.
“Si può farlo piangere
(il bambino) senza ripercussioni sulla
personalità futura del bimbo e senza provocargli irreparabili danni
psicologici” … ma attenzione:
purché in modo soft! “ Lacrime …
ma per periodi brevi “
sintetizza la giornalista e spiega come lo
sleep training comprenda due metodi
definiti sicuri: il controlled
comforting e il
camping out.
Nell’articolo viene
rispolverato dall’oblio persino il vecchio metodo del dottor Spock;
quindi è citato il parere di un importante primario neonatologo
milanese che suggerisce altre regole.
Per maggiori dettagli sui vari
metodi rimando alla lettura diretta del testo; qui mi limito a
segnalare che, inframmezzati alle varie indicazioni, fanno
capolino i pareri di varie mamme, grazie ai quali alla certezza delle
regole finisce per contrapporsi la realtà quotidiana e la
molteplicità delle situazioni, delle considerazioni e dei punti di
vista.
“Quale è la situazione
migliore?” si chiede la giornalista.
E questa sembra essere la stessa domanda che tutti i genitori di
bambini piccoli si fanno di fronte a un problema che li mette, anche
se in modo diverso, molto spesso in difficoltà. Quale è la
condotta giusta che permetterà di non sbagliare e ottenere il
risultato voluto ? Forse è il caso di rinunciare a regole
universali, ed accettare la complessità della vita reale …
Dietro a tanti studi e dibattiti
emerge tutta l’ansia e la responsabilità che sente un genitore
nell’allevare un figlio, la paura di fargli del male, di rovinarlo
per sempre; ma anche il bisogno di non
essere travolto da questa paura: “ piuttosto
gli pagherò lo psichiatra da grande, ma io devo vivere... “
si lascia sfuggire una mamma. E, come sempre, di fronte alla paura
(la nostra) e al dolore (del figlio) ci si aggrappa, senza
accorgercene, all’idea che esistano delle regole, un modo per non
sbagliare; un metodo che impedisca di soffrire e permetta di essere
soltanto e sempre felici.
Sfortunatamente non è così, ed
a noi tocca sostenere il peso
dell’incertezza che quello che facciamo “vada bene” per questo
piccolo sconosciuto. Purtroppo dobbiamo ammettere di non essere in
grado di dare solo benessere: tutto quanto è utile e importante
fare è accettare che, nonostante i nostri sforzi, nostro figlio
incontri le sue difficoltà e, anche se col nostro aiuto, provi a
superarle.
Come se fosse facile ! Ma questa è
un’altra storia e ne parleremo.
Milano 3 ottobre 2012 Donatella Fiocchi
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