Venerdì la vicenda del bambino di dieci anni portato via a braccia dalla
polizia davanti a una folla di altri bambini sicuramente angosciati, alla madre
furente, ed a una zia che filma e diffonde le immagini senza alcun rispetto per
il nipote. La settimana precedente una
figlia contesa fra due genitori che litigano. Purtroppo vicende di ordinaria
amministrazione all'onore della cronaca solamente perché “spettacolari” – nell’accezione orribile che
questa parola ha assunto oggi – o perché qualche aspetto (la sentenza contraria
al “volere” della figlia o la violenza dell' “esecuzione” ) può suscitare una
immediata quanto fugace commozione.
L’amara realtà è che il dolore dei
bambini coinvolti in queste vicende non
riesce proprio a diventare « ordinaria amministrazione ». Dietro a questi fatti c'è la sofferenza autentica dei figli che si trovano in mezzo a due genitori che litigano e che, quasi
sempre senza accorgersene, spesso non sono neppure capaci di “vedere” il figlio
vero con i suoi bisogni e desideri, adulti irrealizzati perché incapaci di
uscire dall’involucro dei bambini che furono .
Qualcuno se ne accorge: cito da due lettere comparse su Il Fatto quotidiano.
“In nome dell'amore paterno e materno non ci si perita a contendersi i figli
come se fossero nostra proprietà e si scatenano guerre terribili sulla loro
pelle… In nome dell'incarico professionale ricevuto i legali non si peritano di
fomentare queste guerre… In nome della legge e della sua applicazione tutti i
metodi diventano buoni pur di eseguire il compito… Le contraddizioni degli adulti si scaricano
sempre sui bambini, sui ragazzi, sui giovani… Si è cercata la
spettacolarizzazione forzata di un dramma utilizzando ...le immagini fornite da
una delle parti in causa.... inducendo così ... a parteggiare, de facto, per
una delle due fazioni... Come potrà crescere questo bambino che non ho mai
sentito chiamare figlio?” (Mail box di sabato 10 ottobre).
Per fortuna è vero, come conclude una delle due lettere, che “sono
moltissime, in Italia, le persone che, lontano dai clamori, in silenzio,
vivendo la loro lacerante condizione di
separati/e cercano di non farla pesare sui figli.” Tuttavia sono ancora moltissime anche le situazioni in cui invece si cerca
con tutti i mezzi di ottenere quello che viene ritenuto un diritto: avere un
figlio tutto per sé, senza potersi rendere conto che avere un figlio non è un
diritto ma un compito, una responsabilità che ci si assume verso il bambino e
verso la società tutta di cui i nostri figli saranno i cittadini di domani.
Il rapporto fra genitori e figli non è solo una questione di diritti o di
responsabilità; ma in tutti coloro che si avvicinano a queste vicende
suscita emozioni importanti,
profonde perché tutti siamo stati figli
e qualcosa risuona dentro di noi ogni volta facendoci prendere posizione per
l'uno o per l'altro, sulla base della nostra esperienza. Così in realtà si
perde di vista nella sua complessità il problema esterno, reale, e tutti,
giornali, televisioni, avvocati, giudici, assistenti sociali e, spesso, anche
psicologi, partono per una crociata di cui ognuno vede soltanto un aspetto:
quello più prossimo alla propria esperienza diretta, vicina o lontana,
Per tornare al problema contingente: è ammissibile consentire che un minore
resti esposto per un tempo prolungato al conflitto, a volte accanito e feroce,
tra i suoi genitori? L’evidenza che ho raccolto attraverso la mia
pluridecennale esperienza professionale, ed anche come perito del Tribunale dei
minori di Milano, mi fa concludere che la risposta non può che essere negativa,
se l’obiettivo che ci prefiggiamo è la salute fisica e psichica del bambino.
E dunque? La risposta ci riconduce al tema della professionalità. Non
spetta alle forze dell’ordine preparare il difficilissimo intervento di allontanamento
nel modo corretto. Questo è piuttosto un compito dei Servizi Sociali: si tratta
di preparare il minore, di coinvolgere gli insegnanti affinché possano
assistere nella necessaria mediazione verso i compagni, di studiare i tempi in
modo da impedire intrusioni che in definitiva altro non fanno che rendere più
lacerante una situazione già di per sé sufficientemente dolorosa … Il chirurgo
deve intervenire all’interno di quanto più intimo abbiamo: il nostro corpo. Ed
anche in questo caso egli può agire in modo violento ed irrispettoso della
dignità del malato, oppure usare tutte le preoccupazioni perché questi non si
senta un mero oggetto – come il bambino preso per le braccia ed i piedi del
filmato – bensì in definitiva un essere umano.
Resta un’ultima, fondamentale questione. In un simile contesto è giusto
ascoltare la voce del bambino? La legge dice di sì: ma questo cosa significa? Ne
riparliamo nel prossimo post.
Milano, 14 ottobre 2012 Donatella
Fiocchi
Tutti si commuovono di fronte alle violenze sui minori ma poi ben pochi si impegnano per fare quanto serve a proteggerli. E' davvero difficile decidere di allontanare un bambino da uno o da entrambi i genitori ma a volte è necessario scegliere per dare almeno a lui una vita migliore. Allontanare si può ma è fondamentale preparare tutto perchè non diventi un trauma peggiore. Ne parlerò fra breve.
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